La presenza del padre Kolbe nei vari blocchi del campo della morte fu quella del sacerdote cattolico testimone della fede, pronto a dare la vita per gli altri, quella del religioso francescano testimone evangelico di carità e messaggero di pace e di bene per i fratelli, quella del Cavaliere dell’Immacolata che all’amore della madre divina affida tuti gli uomini. Coinvolto nelle stesse sofferenze inflitte a tante vittime innocenti, egli pregava e faceva pregare, sopportava e perdonava, illuminava e fortificava nella fede, assolveva peccatori e infondeva speranza. Era pronto al dono supremo cui aveva aspirato fin dagli anni giovanili dando alla sua carità questa dimensione evangelica:

"Da te ipsum aliis=Amor"; lo compì con estremo slancio di amore quando liberamente si offrì a prendere il posto di un fratello prigioniero condannato insieme ad altri nove, per ingiusta rappresaglia, a morire di fame.

Il 14 agosto 1941, vigilia della festa della Assunzione di Maria SS., la ferocia inumana e anticristiana stroncò la sua esistenza terrena con una iniezione di acido fenico. La Vergine Immacolata, che gli aveva offerto in vita la corona della santità lo attendeva in cielo per offrirgli quella della gloria.